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La Corte dei Conti
“affossa” Palazzo Zanca

croce e dalmazio

Dentro l’uovo di Pasqua c’è una brutta sorpresa per Palazzo Zanca. Quando dalla Corte dei Conti arrivano delibere sui numeri del Comune, nove volte su dieci esse regalano amarezze. La delibera numero 24 del 18 marzo scorso non fa eccezione e, anzi, si rivela una batosta tremenda per Palazzo Zanca: una sostanziale bocciatura del Piano di riequilibrio decennale dal quale dipendono gran parte dei destini futuri di un Comune che continua ad essere sull’orlo del dissesto finanziario. Un lungo elenco di osservazioni su varie criticità, che la Corte dei Conti ha trasmesso alla Sottocomissione del ministero dell’Interno che dovrà dare il giudizio finale sul Piano stesso. Prima osservazione: «Lo schema istruttorio prodotto dall’ente – si legge –risulta alquanto lacunoso rispetto al modello approvato dalla sezione delle Autonomie», in quanto esso «riporta pedissequamente in molte parti le formulazioni astratte presenti nello schema generale, omettendo l’inserimento di importanti elementi conoscitivi relativi all’ente». Una “bacchettata”di carattere generale, a cui ne seguono altre più dettagliate. Capitolo disavanzo di amministrazione: «Il piano prevede la copertura in tre esercizi, senza tuttavia specificare le fonti di finanziamento». “Bocciata” anche l’entità del fondo svalutazione crediti, che secondo le indicazioni di legge dovrebbe essere non inferiore al 25 per cento dei residui attivi, mentre «lo stanziamento previsto nel piano risulta sensibilmente inferiore e va addirittura quasi a dimezzarsi a regime». Altri chiarimenti, ma questa non è una novità, la Corte dei Conti li chiede sui debiti fuori bilancio ed in particolare sulla cronica difficoltà a pagare quelli nei confronti degli organismi partecipati. Capitolo a parte meritano i debiti ancora da riconoscere, per circa 78,3 milioni, rispetto ai quali i giudici contabili vogliono più dettagli su tipologia di spesa, preciso ammontare dei finanziamenti coi quali il Comune vuole coprirli e altri punti “oscuri”. Da chiarire anche l’efficacia del Piano di rientro del debito nei confronti dell’Ato3 (29,6 milioni) e la relativa approvazione da parte della Regione. Poche righe sono dedicate all’Atm ma fanno trasparire quello che sembrerebbe un errore marchiano: viene indicato, nel piano, un debito di 45,6 milioni nei confronti dell’azienda trasporti. «Si rende necessario pertanto –scrive la Corte – che l’ente motivi lo stanziamento decennale di 4 milioni annui, anziché di 4 milioni 560 mila euro». Errore di calcolo da matita blu? Ancor più macroscopica la mancanza nel caso di MessinAmbiente: il piano cita un debito di 1,7 milioni ma secondo la società ci sono oneri di liquidazione per 42 milioni (al netto di 18 milioni oggetto di contenzioso con l’Ato) «di cui non v’è traccia nel piano di riequilibrio decennale». Poi c’è la tanto “contestata” voce dei debiti potenziali, quantificati in 200 milioni di euro. La Corte dei Conti vuol capirne di più, chiedendo «un prospetto dettagliato », «le motivazioni della scelta di stanziare 120 milioni a fronte della quantificazione di 200 milioni », «una relazione sull’attuale stato del contenzioso», «l’esito delle misure di allineamento con le contabilità degli organismi partecipati», chiarimento, quest’ultimo, già chiesto anche dal ministero dell’Interno. Pagina dopo pagina, l’ordinanza della Corte dei Conti tira fuori altri problemi. «Il piano decennale – si legge – prevede una riduzione dei trasferimenti erariali, ma non fa altrettanto con riferimento ai trasferimenti regionali, che negli ultimi esercizi hanno subito un consistente decremento». La Corte chiede di sapere «idonea motivazione» della previsione di entrata di oltre 3 milioni dai permessi per costruire, «posto che l’operazione prospettata  difetta, allo stato, di specifica norma autorizzatoria». Nel paragrafo successivo, ribadita la violazione del Patto di stabilità nel 2011, si lege che «l’ente prevede di violarlo anche nel 2012, sebbene i risultati non siano ancora definitivi». In questo caso sembra ci sia un difetto di comunicazione tra il Comune e la Corte dei Conti, in quanto a Palazzo Zanca, in realtà, c’è molta fiducia sul rispetto del Patto di stabilità 2012, ottimismo confermato dal primo monitoraggio. Anche le misure correttive previste da Croce finiscono nel mirino della Corte, che chiede, ad esempio, di dimostrare il maggior gettito di Imu e Tares previsto dal piano così come la copertura integrale dei costi del servizio smaltimento rifiuti (che potrà avvenire solo una volta approvato il regolamento della Tares). Chiarimenti vengono chiesti anche sul Piano di alienazione immobiliare da 43,9 milioni (Croce ne sta predisponendo uno nuovo, di cui riferiamo a pagina 34). E ancora: «L’ente non sembra aver adottato alcuna misura strutturale di razionalizzazione della spesa del personale, le cui uniche economie sono riconducibili ai pensionamenti». La Corte chiede poi di dimostrare la riduzione percentuale della spesa corrente, l’effettiva riduzione del debito, una puntuale analisi della liquidità e della revisione della spesa, e di chiarire cosa sia quella voce, “Altro”, inserita nel piano e con la quale si prevede un introito, in dieci anni, di 145 milioni. “Altro” cosa? Non si sa. Duro il commento a questa “bomba” della Corte dei Conti da parte del capogruppo del Pd Felice Calabrò. «Queste settimane –afferma –sono caratterizzate dalla ricerca di un candidato sindaco. Diversi sono i personaggi in cerca di autore: sono consapevoli delle problematiche reali che il futuro primo cittadino dovrà affrontare? La Corte dei Conti ha sottoposto ai raggi “X” il Piano di riequilibrio, evidenziando diverse criticità. La gravità dell’attuale condizione impone, urgentemente, la costituzione di un gruppo lavoro, d’indubbia competenza e professionalità, che dia sostegno ed ausilio alla componente amministrativa che dovrà replicare punto su punto ai pesanti rilievi mossi dall’organo di controllo». Un messaggio rivolto a Croce ma, soprattutto, al suo “pool”di esperti. Le nubi tornano ad addensarsi su Palazzo Zanca.

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