Tutte le aree della Falce sono di competenza del demanio statale, e dunque dell’Autorità portuale. Lo ha deciso il Tribunale civile di Messina con una sentenza destinata a fare epoca. Il pronunciamento, infatti, si inserisce in maniera dirompente in una querelle che non si è dibattuta solo nel chiuso degli uffici e delle aule di giustizia civile e amministrativa, ma è andata ben oltre, producendo risvolti di enorme gravità sullo sviluppo complessivo di una città, come Messina, beneficiata dalla natura di una posizione geografica invidiabile, e dotata di una particolarità, unica nel suo genere, come quella falce naturale affacciata sul mare, nei decenni però utilizzata più come cantina degli orrori che come salotto buono. La sentenza è stata emessa nell’ambito di un vecchio procedimento avviato dal Comune in merito all’occupazione di aree demaniali, nel quale si erano costituiti anche il Ministero delle Finanze e l’Autorità Portuale da un lato, l’Ente Porto e la Regione dall’altro. Nel dirimere le questioni poste, i giudici civili del Tribunale peloritano hanno dunque decretato che tutte le aree del demanio marittimo sono di competenza dello Stato e, quindi dell’Autorità portuale. Nel dettaglio, la contesa riguardava i circa 155.000 metri quadri assegnati nel 1953 al neoistituto Ente Porto, creato con lo scopo di dare vita ad un punto franco che, com’è noto, non vide mai la luce. Nelle aree, invece, sorsero attività anche fortemente inquinanti, come ad esempio la Degassifica, ecomostro in riva allo Stretto per la cui demolizione era stato anche aggiudicato un appalto da 1 milione di euro proprio dall’Ente Porto. Oggetto della gara era la progettazione degli interventi di recupero, ma il contratto non è stato mai firmato, come conferma il commissario ad acta ing. Bruno Manfrè: ora la Regione, alla luce della nuova sentenza dovrà adottare le conseguenti determinazioni, anche se il provvedimento non è stato ancora notificato. Di certo, se davvero un percorso di recupero ambientale era stato avviato ed erano disponibili le relative risorse, sarebbe paradossale ora tirarsi indietro: appena un mese addietro lo stesso presidente della Regione Rosario Crocetta, dopo un sopralluogo, aveva dato rassicurazioni sull’eliminazione dello stabilimento dismesso con i suoi orrendi cisternoni. Sarebbe una beffa, ora, che l’iter si fermasse ad un passo dal traguardo (anche se, come ripetiamo si parla solo di progettazione e non di ruspe in movimento). Peraltro, la rinnovata attribuzione giurisdizionale della titolarità conferisce alle scelte dell’Autorità portuale una maggiore solidità e, in sostanza, una marcia in più nell’avvio dei tanti percorsi di recupero e riqualificazione immaginati, ma nel tempo paralizzati proprio dalla querelle con l’Ente Porto. Al quale, tra l’altro, il Consiglio di giustizia amministrativa con ben due sentenze aveva in sostanza attribuito la titolarità delle aree, per la «mai disconosciuta pertinenza al demanio regionale ». Un altro giudizio, inoltre è pendente sempre di fronte al Tribunale civile di Messina per la richiesta di sequestro giudiziario di tutte le aree della Falce destinate a Punto Franco. Nuovo sostegno, dunque, agli interventi già appaltati dall’Au - thority del presidente Antonino De Simone e del segretario generale Francesco Di Sarcina, come ad esempio quelli riguardanti il Molo Norimberga (da 900.000 e 600.000 euro per la pavimentazione e per la razionalizzazione degli spazi) e la via S. Raineri, ma anche rinnovato impulso al Piano regolatore portuale, che ora potrà ricomprendere nella loro interezza e senza discrasie tutte le aree comprese tra la foce dei torrenti Portalegni e Annunziata.