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Bollani, una forza
della natura

 Auditorium del Palacultura gremito, sabato scorso, per l’attesa esibizione di Stefano Bollani, che tornava in riva allo Stretto a distanza di un anno e mezzo da una performance solistica. Il pianista milanese – ospite dell’ “Accademia Filarmonica” nell’ambito della stagione che lo storico sodalizio organizza insieme con l’Associazione “Vincenzo Bellini” (ma fuori abbonamento) – si è esibito con due eccezionali musicisti danesi, il contrabbassista Jesper Bodilsen e il batterista Morten Lund, nella formazione chiamata, guarda caso, “Danish Trio”, costituitasi dieci anni fa e fattasi conoscere e apprezzare nelle più importanti sale da concerto continentali. Splendida ed entusiasmante la prova dell’affiatato ensemble, caratterizzato dalle qualità straordinarie di tre solisti che si ritrovano perfettamente, uniti dal talento. Lo conosciamo bene, Bollani (che ieri sera è stato pure ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa” su Raitre): è una vera forza della natura. Scherza, fischietta, canta e sembra non riuscire a star fermo mentre suona, con padronanza ed estro davvero rari, i pezzi scelti per l’appuntamento messinese: si alza e si dimena di continuo sullo sgabello, che gli serve in qualche caso anche come strumento da percuotere. Non sono stati da meno, dal canto loro, Bodilsen e Lund, che hanno fatto subito intendere di non essere semplici comprimari ma due ottimi virtuosi, che tanto nei momenti d’assieme quanto nei pirotecnici assoli hanno mostrato le loro notevoli qualità. Hanno suonato di tutto, con la spregiudicata leggerezza propria dei grandi musicisti e senza mai perdere quella dimensione ludica che fa della musica un gioco, a un tempo divertente e impegnativo: dagli immancabili standard del repertorio statunitense (a cominciare da “Caravan” di Duke Ellington) a un paio di brani di uno dei riconosciuti maestri della musica brasiliana, Tom Jobim; da alcune canzoni italiane (“Come prima”, portata al successo da Tony Dallara, e “Mi ritorni in mente” di Mogol-Battisti) fino ad alcuni pezzi dello stesso Bollani, tratti dal cd “Stone in the water”; senza dimenticare, poi, un omaggio a Michael Jackson, con una versione assai particolare di “Billie Jean”, prima sussurrata da Bollani, che a poco a poco l’ha trasformata sapientemente in un simpatico pezzo reggae (infilandoci per un attimo, scherzosamente, una citazione del natalizio “Astro del Ciel”… ). Le formule e i modi usati per proporre i brani sono stati i più svariati (e non poteva essere diversamente): talvolta si parte da un semplice spunto melodico (o solo da qualche nota), qualche altra da un inciso ritmico (suggerito da Lund); spesso è Bollani a iniziare, seguito subito dagli altri due musicisti; qualche volta, invece, è Bodilsen (il contrabbassista) ad accennare il tema (come nel caso della citata “Come prima”, rivisitata – naturalmente in chiave jazzistica – con raffinata eleganza). E anche se non è mancato il virtuosismo (mai ostentato o fine a se stesso, però), il Danish Trio ha mostrato di prediligere la dimensione raccolta, intimistica, ricercando sempre le atmosfere e le sonorità giuste. Come dire, insomma, che ci sono stati tutti gli elementi (compreso il rapporto di divertita complicità che si è instaurato da subito con il pubblico) per una magnifica serata, chiusa da due fuoriprogramma: uno standard reso, almeno nella prima parte, con un siparietto scherzoso (entra il batterista da solo e poi lo raggiungono gli altri due, fischiando insieme) e ancora un brano di Bollani.

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