Arriva uno squillo sul telefonino. Il destinatario cambia umore all’improvviso, perché il mittente gli ricorda che deve far fronte a un impegno, sgradito. Si tratta del pagamento di una delle rate di un prestito concesso qualche tempo addietro. Nessuna conversazione tra le parti. Soltanto un segnale inquietante. Peggio di una discussione animata o, se vogliamo, di una minaccia. Questo e altro emerge dall’indagine condotta da Polizia di Stato e Guardia di finanza, culminata negli arresti di Letterio Scionti, 46 anni, meccanico, e Giuseppe Panarello, 34 anni, saltuariamente macellaio, entrambi messinesi. Il primo è finito in carcere, l’altro ai domiciliari, secondo quanto disposto dal gip Antonino Genovese, su richiesta del sostituto procuratore Antonio Carchietti. Scionti deve rispondere di usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria, mentre Panarello di riciclaggio e intestazione fittizia a terzi di somme di denaro e beni. A tutti e due, poi, contestata la simulazione di reato. In particolare, gli investigatori della Squadra mobile e i colleghi del Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme gialle, coordinati, rispettivamente da Giuseppe Anzalone e Ferdinando Falco, hanno ricostruito decine di prestiti a strozzo, con tassi usurari variabili, tra il 150% e il 250% su base annua. L’attività investigativa ha preso avvio il 29 settembre 2011, in seguito a una perquisizione eseguita congiuntamente da personale della Mobile e militari della Gdf nell’abitazione del quarantaseienne. Nel corso della quale furono sequestrati quasi 90 mila euro in contanti, titoli di credito (molti postdatati e privi dell’indicazione del beneficiario), per un importo nominale di 250mila euro. In quella circostanza, trovati pure un libretto postale e buoni fruttiferi intestati allo stesso Sciotto e ai suoi familiari. Erano custoditi in barattoli di vetro o nascosti sotto il letto e in un’intercapedine ricavata in casa. Sulla base delle dichiarazioni (pochissime) dei firmatari degli assegni e grazie a importanti indizi derivanti da riscontri documentali e bancari, gli inquirenti si sono insospettiti. Scavando più a fondo, avrebbero accertato una grossa sperequazione tra redditi e ricchezze. Non solo: Scionti si sarebbe avvalso della collaborazione di Panarello per riciclare illecitamente i proventi, acquistando, ad esempio delle autovetture intestate al 34enne. I riflettori sono stati puntati su diversi rapporti finanziari, per lo più a carattere usurario. Sotto la lente il periodo compreso tra il gennaio 2009 e l’ottobre 2011: il meccanico avrebbe ricoperto il ruolo di creditore, mentre Panarello quello di riciclatore dei soldi corrisposti dalle vittime. Vorticoso il giro di denaro: nei soli ultimi tre anni le movimentazioni registrate sui conti riconducibili a Scionti e ai suoi familiari ammontavano a circa 900mila euro, con saldi positivi che hanno toccato i 200mila euro nel gennaio del 2011. Nei suoi confronti, il gip ha ordinato il sequestro di 2 unità immobiliari, 3 autovetture e delle somme presenti in 4 conti correnti, per un valore di 330mila euro.