Ha viaggiato con Berlinguer sull’aereo di Pertini per partecipare ai funerali di Andropov a Mosca nel 1984. Ha dialogato con Craxi per individuare il percorso da seguire in una nuova sinistra socialista. Ha visto da vicino l’avvento del berlusconismo e vissuto da protagonista l’esperimento poi fallito della bicamerale. Ha lanciato Prodi come alternativa a Berlusconi salvo poi venire accusato della sua caduta. Oggi lancia Bersani da ministro degli Esteri “in pectore”, «ma non dico nulla perché porta male». Insomma, Massimo D’Alema non è certo il nuovo che avanza nello scenario politico italiano, per questo il titolo del libro-intervista scritto a quattro mani con Peppino Calderola, “Controcorrente”, potrebbe apparire in contrasto con questo suo essere sempre e comunque protagonista. «Ma io mi sento controcorrente perché non ho mai guardato un sondaggio prima di parlare, seguendo una moda come i pappagalli », ha subito spiegato D’Alema ieri sera al Palacultura dove, intervistato dal direttore editoriale della Gazzetta del Sud, Lino Morgante, ha presentato il volume, in quella che giocoforza è divenuta anche una convention politica (presente tutto l’establishment locale del Pd) trovandoci in piena campagna elettorale. «Non era un libro pensato per la campagna elettorale – ha precisato – ma ci siamo e ci sta pure bene». Una riflessione, meglio, un’analisi sulla sinistra italiana, ma anche sugli ultimi decenni politico- istituzionali del Belpaese. Decenni in cui D’Alema ne ha viste tante e vissute altrettante. Esordendo, di fatto, da protagonista di un partito comunista, quello italiano, «originale, perché era già un grande partito democratico, che non ha mai visto di buon occhio la dittatura e il mondo sovietico. Quando io e Veltroni incontrammo Craxi e Amato nel famoso camper per discutere di alleanze, lui mi disse che gli sarebbe piaciuto guidare un partito “vero” come il nostro. Forse, però, il nostro partito non avrebbe accettato di essere diretto come lui dirigeva il suo». Craxi, però, «era uomo di sinistra, non avrebbe fatto come tanti craxiani che sono diventati berlusconiani. Noi avevamo grande disciplina, forse quella che ci vorrebbe in quantità maggiori oggi». Impossibile non toccare l’argo - mento Berlusconi. «Perché vinse nel ‘94? Si rese l’erede della tradizione anti-comunista, che sopravvisse al comunismo, ed era espressione di una grande area che voleva affermare il primato dell’eco - nomia sulla politica e sui partiti. In questo Grillo è un Berlusconi più giovane. Ma l’Italia è entrata in crisi quando è entrato in crisi il sistema partitico, e questo non è un caso». Netto il giudizio su Berlusconi: «Questo imprenditore al governo ha creato i più grandi disastri ». Fu Berlusconi, ha ricordato D’Alema, «a scegliere di rompere la Bicamerale per le riforme, ma ci fu una resistenza anche da parte del centrosinistra. Perché dopo di lui proposi Prodi? Sono sempre stato convinto che per avere una maggioranza stabile in Italia ci vuole un centrosinistra, non si governa l’Italia senza una componente cattolico-democratica».