«L’unico voto utile contro la destra è quello dato a noi. Un ultimo sforzo e smacchiamo il giaguaro, cancelliamo il berlusconismo e ridiamo un futuro all’Italia». Quando Pier Luigi Bersani, segretario e candidato premier del Pd, chiude il suo intervento dopo quasi cinquanta minuti di affondi, puntualizzazioni e battute il PalAntonello è gremito come mai. Oltre mille e trecento persone (nove pullman dalla provincia) sono il segnale che il Pd a Messina non è il primo partito per caso. «Quanto entusiasmo –sorride Bersani, poco distante da mister “19 mila preferenze” Francantonio Genovese –per poco non ci rimettevo una costola. Ce la facciamo ma con l’aiuto di tutti voi. La nostra arma atomica è la partecipazione, gli altri non ce l’hanno». Bersani sa che deve marcare la differenza con gli altri e lo fa più volte nel corso della serata. «Siamo l’unica democrazia nel mondo–af - fonda –in cui il sistema politico è organizzato attorno a una persona: questo ha prodotto il berlusconismo. Per questo avevo chiesto a Monti di farsi un partito, non di scendere in campo in questo modo. Basta con la personalizzazione della politica: dopo Berlusconi, Monti, Grillo e Ingroia cosa c’è? Da noi dopo Bersani c’è il Pd, il partito riformista del secolo. Siamo l’unica alternativa, se vince la destra il Paese va contro un muro. Sono l’unico candidato premier che è stato scelto con le primarie, con il voto di oltre tre milioni di elettori, ma il mio nome sulla lista non c’è. Gli altri si sono messi da soli....». E ancora differenze con gli altri. «Basta con le favole, non li seguo – continua – Non me la sento perché ci vuole rispetto per gli italiani, che son gente intelligente. In questa campagna elettorale ne abbiamo sentite di tutti i colori. Ho sentito Grillo promettere a chi non ha lavoro mille euro al mese per tre anni a tutti. E perché non duemila? A quel punto. In due giorni Monti e Berlusconi hanno promesso la riduzione delle tasse per 30 miliardi. E Maroni vuol addirittura introdurre la moneta lombarda: battessero il marone. Così che poi tocca contarli, un marone, due maroni... Quando Berlusconi ha annunciato quattro milioni di posti di lavoro ero con alcuni riformisti europei. Gli ho detto: ve lo mandiamo, noi aspettiamo ancora la milionata di qualche anno fa. Basta! La campagna elettorale non può diventare un momento in cui si fa a gara a chi la spara più grossa, per avere un titolo sul giornale. Sono capace anche io: domani dico che restituisco i soldi del viaggio di nozze. Ma non si può più continuare a prendere in giro gli italiani. Invece bisognerebbe parlare di questa crisi economica, del dramma del Mezzogiorno e di come venirne fuori». Giù applausi, il PalAntonello non si ferma. Bersani dispensa “sian mica” e si va avanti. In prima fila ci sono il capolista al Senato, Corradino Mineo, il deputato uscente della città dello Stretto e leader del Pd locale Francantonio Genovese, l’assessore regionale Nino Bartolotta, i tre deputati regionali Franco Rinaldi, Pippo Laccoto e Filippo Panarello e poi i candidati al Senato e alla Camera con in testa Liliana Modica, Antonio Saitta e Maria Tindara Gullo. E anche tanti amministratori locali (tra i tanti il sindaco di Barcellona, Maria Teresa Collica e quello di Milazzo, Carmelo Pino). L’ultima sberla a Berlusconi la tira sulle quote rosa. «Il 40% dei nostri eletti sarà donna.AMonti chiedo: quante ne eleggi? A Berlusconi invece dovrei dire “quante bambole porti?”. Per come ragiona, per come si esprime, per la malattia che ha in testa dovrei dire così. Ma ci penserà il 40% delle donne elette dal Partito democratico a massacrarlo... ». Affermazioni, già fatte in mattinata a Catania, che avevano provocato la reazione delle donne del Pdl. A cui Bersani replica: «Non le offendo io, perché io credo che siano donne. Le offende lui, Berlusconi, per come le tratta. Basta con questi stereotipi volgari».
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