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Rapinò banca,
inchiesta chiusa

Quel quarto d’ora di ordinario terrore se lo ricordano ancora alla filiale della banca Carige di Provinciale, una mattina fredda di dicembre, era il 12.12 del 2102, quando davanti a decine di clienti uno della vecchia guardia, il 53enne Giuseppe Trischitta, cercò di fare qualche euro alla vecchia maniera. Gli andò malissimo, lui uomo di peso del clan Mangialupi “ridotto” a fare rapine con una pistola in mano, lo arrestarono dopo un tentativo di fuga maldestro con una povera signora afferrata in corsa come ostaggio, terrorizzata e ammutolita, lo stesso copione recitato del suo complice, che ancora oggi non ha né volto né nome. Trischitta però quella mattina non ebbe “fortuna”, quattro agenti delle Volanti che erano arrivati in un lampo sul posto e lo aspettavano all’uscita della banca con grande sangue freddo riuscirono a bloccarlo, davanti a decine di persone che atterrite seguirono l’evolversi dei fatti istante dopo istante, e pure davanti a tre “non cittadini” che si scagliarono addirittura contro i poliziotti, si parlò anche di spintoni, per cercare di spalleggiare Trischitta. Adesso per questa vicenda emblematica per tante ragioni, c’è da registrare l’atto di chiusura delle indagini preliminari da parte dei due magistrati che si sono occupati in queste settimane di quel quarto d’ora terribile di dicembre alla Carige di Provinciale, ovvero il sostituto della Dda Giuseppe Verzera e il collega della Procura Diego Capece Minutolo. Quando il giorno dopo fu interrogato dal gip Giovanni De Marco, con accanto il suo difensore, l’avvocato Salvatore Silvestro, Trischitta parlò di una rapina per “stato di necessità” vista la malattia della moglie, e di un complice incontrato quella mattina di cui conosceva solo il nome, ovvero Nicola, negando la volontà di sparare (colpo partito accidentalmente), e il sequestro di persona con l’ostaggio a farsi scudo. Una versione “minimale” cui il gip non credette affatto, confermando la custodia in carcere. Di recente l’unica novità che s’è registrata è stata una “attenuazione” per uno dei reati contestati inizialmente a Trischitta. Il Tribunale della Libertà presieduto dal giudice Nunzio Trovato ha infatti confermato il quadro accusatorio quasi integralmente ed ha accolto il ricorso del suo difensore, l’avvocato Silvestro, nella parte in cui aveva chiesto la derubricazione dell’ipotesi di sequestro di persona, riqualificandola con l’ipotesi “semplice” prevista dall’art. 605 c.p., che prevede una pena da sei mesi ad otto anni e non è più di competenza della Direzione distrettuale antimafia. Adesso comunque la vicenda s’avvia verso il processo, quanto prima, dopo la fase difensiva che segue l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, sarà fissata una data per il confronto accusa-difesa.

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