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Droga, chiesti 20
anni per i Cuté

Vent’anni di reclusione per i fratelli Giuseppe e Antonino Cuté, diciott’anni per Carmelo Spadaro. Ecco le pesanti richieste dell’accusa per uno dei tronconi processuali, che si sta svolgendo in regime di rito abbbreviato, scaturito dall’operazione antidroga “Ruota libera”, che per l’ennesima volta ha smantellato la rete dello spaccio di Mangialupi, l’unica vera roccaforte criminale cittadina rimasta in piedi dopo le recenti operazioni delle forze dell’ordine. Ieri davanti al gup Daniela Urbani è stato il sostituto della Distrettuale antimafia Fabio D’Anna a rappresentare l’accusa, ed ha ricostruito nel corso della sua requisitoria ogni dettaglio sullo spaccio di droga e sul ruolo apicale rivestito dai tre imputati. Al termine del suo intervento il magistrato antimafia ha formulato le richieste, ovvero 20 anni di reclusione per i due Cuté e 18 anni per Spadaro. Sempre ieri mattina s’è concluso il ciclo delle arringhe difensive, degli avvocati Salvatore Silvestro, Antonello Scordo e Tommaso Autru Ryolo, poi il gup Urbani ha rinviato tutti al 4 febbraio prossimo per le eventuali repliche e per la sentenza. È un’indagine chiave quella sul gruppo di Mnagalupi, e sono due le informative della Squadra Mobile capeggiata da Giuseppe Anzalone con cui è stato messo nero su bianco tutto. Ma sono altrettanto fondamentali i riscontri investigativi e le intercettazioni telefoniche che la Mobile effettuò durante le indagini, coordinate all’epoca dal sostituto della Dda Fabio D’Anna e dalla collega delle Procura Adriana Sciglio. Le condotte illecite contestate ruotano intorno al mondo del commercio di droga ad alti livelli. Nel caso specifico i fratelli Cutè e Spadaro sarebbero stati membri di un gruppo dedito alla vendita, cessione e detenzione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, eroina e marijuana. Vengono inoltre contestate le aggravante di aver fatto parte di un’as sociazione armata e di aver adulterato o mescolato la droga commercializzata, in modo da accentuare la potenzialità lesiva. Molti gli episodi di spaccio agli atti dell’inchiesta, monitorati dagli investigatori da settembre 2010 a dicembre 2011, poco prima che scattasse il blitz al rione Mangialupi. Per esempio la vendita di un discreto quantitativo di droga, per 3.700 euro. Nella notte tra il 3 e il 4 gennaio 2011 il gruppo avrebbe detenuto un chilo e 176,5 grammi di cocaina, ed anche quasi un chilo di (990,5 grammi), di eroina. La centrale dello spaccio era la villa-fortino dei fratelli Cuté, a piazza Verga, nel cuore di Mangialupi, un immobile per cui sono in corso le procedure di confisca. Il nuovo gruppo dello spaccio fu smantellato all’alba del 20 dicembre del 2011. La villa blindata e supercontrollata dei Cuté era divenuta una vera e propria centrale dello spaccio, per grosse partite di stupefacenti. All’interno avveniva la lavorazione finalizzata al successivo commercio al dettaglio sul mercato. Dalle indagini emerse anche che alcune stanze fungevano da laboratorio, altre invece erano utilizzate per momenti di svago e relax. Non mancavano le feste, caratterizzate da intrattenimenti musicali. La polizia però non smise mai di tenere sott’occhio tutti i movimenti della “cattedrale” del malaffare di Mangialupi, e il costante viavai di tossicodipendenti fu la prova che il market della droga non era affatto concluso.

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