Anche il nuovo Governo siciliano, che pure si sta muovendo con grande attenzione nei confronti di Messina e del suo territorio, ha già accumulato ritardi che avrebbe potuto invece evitare con una semplice firma. In ballo non vi è una semplice questione di carattere burocratico ma il futuro stesso della Zona falcata. Raccontiamo, dunque, i fatti. Il 19 ottobre 2012 il commissario ad acta dell’Ente porto, l’ing. Bruno Manfrè, nominato con decreto dell’assessorato per le Attività produttive il 12 ottobre, cioè una settimana prima, si rivolge con una nota al presidente della Regione, chiedendo di conoscere «con la massima urgenza se il decreto numero 925 si applicabile nell’ottica della prosecuzione delle attività già poste in essere, in ordine agli interventi da eseguirsi nella stazione di degassifica di pertinenza dell’Ente autonomo portuale». Piccolo passo indietro per chi non ha seguito le vicende dell’ex Degassifica: è uno dei simboli del degrado ambientale della Falce e, nello stesso tempo, del fallimento delle politiche pseudoindustriali che hanno “desertificato” la penisola di San Raineri, come testimonia il triste e doloroso calvario vissuto da una delle aziende un tempo più floride di Messina, la Smeb. Dai serbatoi di quella stazione di degassificazione per la navi petroliere sono partiti i “veleni” che hanno ammorbato cielo, terra e acqua della Zona falcata e di gran parte del centro urbano all’inizio degli anni Duemila. Di tutto quello che ha fatto il governo Lombardo riguardo la Falce l’atto più sensato è arrivato quasi alla fine del mandato, allorché è stata bandita ed espletata la gara d’appalto per lo smantellamento della Degassifica. Ma l’iter è fermo da mesi perché il commissario, che ha solo poteri “ad acta” per quel che concerne il bilancio e il pagamento degli stipendi, non può firmare l’atto di consegna delle aree alla ditta aggiudicatrice.