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Patto di stabilità,
lo Stato rivuole
i 7,2 milioni

È una vera e propria battaglia legale quella tra il Comune e il governo nazionale. Oggetto: il Patto di stabilità e le sanzioni che lo Stato ha comminato nei confronti di Palazzo Zanca. Ed in particolare la “m u lta” da 7,2 milioni che il Comune ha prima pagato e poi si è fatto restituire grazie ad una pronuncia del Tar. Adesso il Governo rivuole quei soldi e ha presentato ricorso al Consiglio di Stato proprio contro quella sentenza del Tar che ha fatto sì che a novembre arrivasse a Messina, nei giorni più caldi dell’emergenza, una più che salutare boccata d’o s s i g eno da più di 7,2 milioni. La base è una: il Comune nel 2011 non ha rispettato i parametri del Patto di stabilità. Sforato, appunto, di poco più di 7 milioni. Da qui la sanzione equivalente del ministero dell’Interno. In estate il ricorso al Tar di Catania, per conto del Comune, dell’avvocato Arturo Merlo e a ottobre ecco la sentenza del Tar: il Comune ha ragione, sanzione sospesa fin quando la Corte costituzionale non si pronuncerà sull’applicabilità del Patto di stabilità nelle Regioni a Statuto speciale come la Sicilia (26 marzo). Ma l’avvocatura di Stato, che ha fatto pervenire il proprio ricorso a Palazzo Zanca il 3 gennaio scorso, non ci sta. Secondo i legali del Ministero la competenza non è del Tar di Catania e sarebbero comunque sbagliati i presupposti della sentenza. Anzi, il ricorso del Comune «appare finalizzato non tanto a conseguire la correzione di errori o illegittimità, che non sussistono, ma esclusivamente a perseguire manovre elusive o dilatorie della giusta sanzione, in spregio ai principi di leale collaborazione istituzionale previsti dalla Costituzione», in quanto «dopo il 2008 tutti gli enti locali, incluso ovviamente il comune di Messina, ben sapevano che il cosiddetto “sforamento” del patto di stabilità non sarebbe stato consentito ed avrebbe comportato una serie di sanzioni, finanziarie e gestionali, nei confronti dei contravventori». L’udienza di fronte al Consiglio di Stato si terrà il 21 gennaio, ma Palazzo Zanca potrebbe giocarsi la carta dell’insufficienza dei termini a difesa, non essendoci i 20 giorni liberi tra la notificazione e l’udienza stessa.

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