Lui, quella ricciola da record, l’ha sfidata alla pari, come se il pesce fosse un uomo o lui un lontanissimo erede di Colapesce. Quando martedì scorso, c’era un gran freddo, l’ha vista staccarsi dagli ami della sua lenza a traino, fuori dal mare al largo di Paradiso, davanti alla sua barca da cinque metri o poco più, s’è tuffato nello Stretto
di Messina. Nell’abisso bluastro che ai suoi pescatori, tra i tanti possibili, vieta soprattutto un peccato: caderci con gli stivali ai piedi. Francesco Billé, 37 anni, che di pesca vive fin da ragazzino, invece, gli stivali li aveva ben stretti. E con l’acqua gli si sono incollati. Deve alla sua perizia, alla provvidenza, all’aiuto di un altro pescatore presto accorso alle sue grida, se entrambi, lui e la straordinaria preda non sono finiti in fondo al mare. Lui probabilmente da solo poteva farcela, sia pure con grande fatica, perché alla fine la forza dell’acqua è stata così dirompente e contraria a quella dei suoi muscoli che gli stivaloni hanno finito per staccarsi da soli. Ma non voleva proprio mollarla, perderla, lasciarla andare quella ricciola così bella, quella creatura d’argento a cui si teneva stretto come se quel pesce fosse un bambino in pericolo, le sue mani infilate, ferite, perse in quelle grandi e nobili branchie.
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