Al Bisazza è stata sospesa e poi ripresa, allo Jaci è appena iniziata. La Farina, Seguenza, Archimede e Basile la stanno portando ancora avanti mentre è terminata quella del Maurolico. La stagione delle occupazioni nelle scuole messinesi è diventata più lunga del previsto. Dovevano essere pochi giorni, giusto il tempo di spiegare le proprie ragioni e di lanciare un messaggio forte alle istituzioni. La scuola non si tocca, la cultura non si taglia. Ragioni più che condivisibili, che anche per questo avevano trovato supporto a 360 gradi. Dirigenti scolastici e professori li avevano lasciati fare, i ragazzi hanno seguito la loro strada. Adesso però è il momento di fermarsi. Le occupazioni dovevano essere azioni dimostrative. Quelle a oltranza stanno producendo invece, paradossalmente, un effetto ben peggiore rispetto a quello che produrrebbero – o produrranno – i tagli alla scuola.
I ragazzi hanno smesso di studiare, seguendo la volontà di pochi che insistono sulla linea della protesta e non vogliono saperne di lasciare gli istituti. Erano migliaia, tra i vari istituti, all’inizio, sono poche centinaia, adesso. Dai sostenitori della protesta a oltranza si sono allontanati molti ragazzi, quelli che dopo l’euforia e la voglia di farsi sentire dei primi giorni hanno cominciato a preoccuparsi per quel che accadrà dopo. Il timore di molto è che questi giorni buttati via possano pesare sul percorso e di riflesso sul rendimento scolastico.
I ragazzi hanno smesso di studiare, seguendo la volontà di pochi che insistono sulla linea della protesta e non vogliono saperne di lasciare gli istituti. Erano migliaia, tra i vari istituti, all’inizio, sono poche centinaia, adesso. Dai sostenitori della protesta a oltranza si sono allontanati molti ragazzi, quelli che dopo l’euforia e la voglia di farsi sentire dei primi giorni hanno cominciato a preoccuparsi per quel che accadrà dopo. Il timore di molto è che questi giorni buttati via possano pesare sul percorso e di riflesso sul rendimento scolastico.
Servirebbe una presa di posizione di docenti e dirigenti per fermare le occupazioni. Altrimenti, tra feste e ponti vari si rischia di perdere un mese intero. A meno che le scuole non decidano di cancellare le gite scolastiche per recuperare i giorni perduti. Giorni che – vale la pena sottolinearlo – penalizzano soprattutto i ragazzi, a cominciare da quelli che hanno voti bassi e non possono permettersi lezioni private e corsi di recupero. La protesta, legittima, si sta trasformando in un’interruzione di un servizio pubblico. Ovvero un reato.
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