L’inchiesta sulla gestione dell’Ancol Sicilia, in cui è indagato per truffa aggravata l’ex commissario regionale Melino Capone, non poteva non avere strascichi anche alla Regione. Nell’inchiesta del sostituto procuratore Camillo Falvo sono indagate anche due funzionarie regionali Patrizia Di Marzo, della segreteria dell' Avvocato generale, e Anna Saffioti, responsabile dell' area Affari generali, accusate di truffa perchè avrebbero archiviato le lettere inviata dall’Ancol nazionale per comunicare la chiusura della sede siciliana. Da Palermo interviene ora il direttore generale del dipartimento della formazione professionale Ludovico Albert che dice di non sapere nulla di questa storia dell’Ancol Sicilia. Albert ha preso carta e penna per scrivere al procuratore capo di Messina Guido Lo Forte per chiedere di visionare l’intera documentazione ed avviare un procedimento interno alla Regione. SE verrà dimostrato che l' Ancol non ha più i titoli per ricevere contributi sarà revocato l' accreditamento. Ma, intanto, l’inchiesta dovrà stabilire se davvero quei 13 milioni e 600 mila euro sono stati percepiti indebitamente dall’ente gestito da Melino Capone nel quale lavorano oltre a molti suoi parenti anche mogli e familiari di deputati, assessori e consiglieri comunali di area centrodestra. Sulla facilità con cui molti enti di formazione in questi anni sono riusciti a truffare la Regione Albert sostiene che dal giorno del suo insediamento nel 2011 i controlli sono molto più serrati. Sulla vicenda Ancol Sicilia il direttore generale Ludovico Albert spiega che i corsi finanziati venivano svolti e in assenza della comunicazione del disconoscimento da parte della struttura nazionale, a Palermo non c’era modo di sapere che quell' ente non aveva più i requisiti necessari. Adesso sarà l’inchiesta a stabilire che fine abbiano fatto quelle due lettere. Intanto si è pronunciato anche il neo governatore Rosario Crocetta che ha lanciato frecciate velenose alla direzione di Ludovico Albert ed ha ferocemente criticato il settore della formazione dove ci sono mogli e parenti di deputati e dirigenti inutili. Un feudo, lo ha definito il presidente della regione, che divide un bottino destinato alle cricche.