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Carlo Grimaldi
e il clavicembalo perfetto

 

di Marcello Mento
Il clavicembalo realizzato nel 1697 ha così grande successo tra i costruttori e i musicisti di oggi, da essere uno degli strumenti più copiati ed ammirati al mondo. 
Non c'è artigiano di strumenti antichi, infatti, che non abbia provato a riprodurre il clavicembalo che il messinese Carlo Grimaldi fabbricò sul finire del Seicento e che oggi viene custodito gelosamente al Museo nazionale di Norimberga, a cui lo donò insieme ad altri strumenti il famoso collezionista tedesco Ulrich Rück. Secondo il musicologo Danilo Costantini, questo è accaduto ed accade, perché lo strumento di Grimaldi è stato «preso a prototipo del cembalo italiano del tardo Seicento, tanto che oggi, nel gergo specialistico, si parla addirittura di un "modello Grimaldi"». 
Per rendersene conto basta navigare in internet dove è possibile visitare i tanti siti di artigiani che si continuano a cimentare nella realizzazione di questo clavicembalo, a testimonianza della fama e dell'interesse crescente che circonda l'arte e la maestria del cembalaro peloritano a distanza di più di tre secoli. Giordano Corsi, nel suo breve saggio sulla Nuova rivista Musicale Italiana del 1981, si spinge più in là sostenendo che «ci troviamo in presenza di un meraviglioso strumento che attesta la genialità di un artista, perfezionatore e creatore di tecniche che lo possono qualificare a giusto titolo come uno Stradivari del clavicembalo». 
Eppure se cercate traccia di Carlo Grimaldi nelle enciclopedie della musica, sia italiane che straniere, il suo nome, se compare, viene trattato in pochissime sbrigative righe.Oltre a quello di Norimberga, di strumenti sicuramente usciti dalle mani del maestro messinese ne esistono ormai soltanto due: quello conservato nel Museo del conservatorio di Musica di Parigi, nei cui confronti non esiste molto interesse a causa della trasformazione subita in fortepiano, ed infine il "cembalo piegatorio" che ricorda quello del francese Jean Marius, che venne chiamato brisè. Una sorta di clavicembalo portatile, smontabile in tre pezzi adatto per le feste rurali o i balli patrizi nei giardini delle ville seicentesche. 
Un pezzo di grande importanza in quanto è l'unico esemplare di tal genere che sia stato costruito da un italiano. Attualmente è custodito nel Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma. Da qualche anno si parla anche di un quarto strumento a lui attribuibile. A sostenerlo è uno studioso, Francesco Nocerino, che farebbe risalire il cembalo in questione addirittura al 1691, ben sei anni prima di quello che si trova in Germania, ma al momento di esso non si conosce nulla di più. 
Ma chi era Carlo Grimaldi? Di dati biografici ne esistono pochi, ma per fortuna e grazie ai ricercatori Danilo Costantini e Luciano Buono questa lacuna è stata parzialmente colmata dal ritrovamento, nell'Archivio di Stato di Messina, del testamento che egli dettò al suo confessore, don Giuseppe Celesti, tre giorni prima di morire. Di lui si sa che nacque a Messina nel 1645 per morirvi, a 72 anni (venne sepolto nella Casa professa della Società di Gesù), nel 1717, e che di mestiere faceva oltre al costruttore di clavicembali, l'organaro e il liutaio. Da dove provenisse la sua famiglia non si sa, anche se il cognome Grimaldi è originario di Genova e come è noto a Messina la colonia genovese era molto folta. Già dal XVI secolo alcuni rami di diverse famiglie nobili genovesi si erano insediati stabilmente nei regni di Napoli e Sicilia. 
Sposato con Francesca Balena (morta a 50 anni l'11 agosto 1708), ebbe tre figli: Paolo, l'unico di cui già si conosceva l'esistenza, che seguì le orme paterne e diventò egli stesso costruttore di organi molto ricercato ed apprezzato; Giuseppe, sacerdote abitante a Roma, e Nunzia, di cui è conosciuta la data del matrimonio celebrato nella chiesa di San Nicola dell'Arcivescovado: 16 maggio 1700. Dal testamento si evince, ancora, che Carlo Grimaldi, pur essendo analfabeta, era piuttosto benestante possedendo una casa, diversi oggetti di valore e 52 quadri di grandezza diversa. E ancora, che la bottega di Grimaldi era molto attrezzata e di una certa grandezza se è vero che aveva quattro banconi e quindi quattro postazioni di lavoro, che gli permettevano di seguire più lavori contemporaneamente.
La prima notizia che abbiamo sull'attività lavorativa di Carlo Grimaldi risale al 1679, anno che lo vede impegnato, riferisce lo studioso Luciano Buono, nella costruzione dell'organo per la chiesa dei SS.Pietro e Paolo di Acireale. Nel 1699, poi, vende un organo alla chiesa di Santa Maria dell'Elemosina a Catania e nel 1715 esegue un bellissimo organo per la chiesa Madre di Novara di Sicilia insieme al figlio Paolo. Commissioni che dimostrano, come sostiene appunto Buono, che «l'attività di costruttore di organi del Grimaldi fu sicuramente almeno paritaria a quella di cembalaro». 
A questo proposito parlano chiaramente il testamento e il relativo inventario dei beni redatto in seguito alla morte del Grimaldi, in cui sono elencati alcuni "scaffi d'organo con vista senza canne", cioè organi privi ancora delle canne di facciata, e "due organi ad ala usati", probabilmente dati in affitto dall'organaro nelle numerose esecuzioni che si svolgevano nelle chiese messinesi sprovviste di strumento o per esecuzioni a più cori.
L'elenco continua con "cinque cimbali diversi non finiti d'ottava stesa"; un tiorbinetto non finito; due arpicordi piccoli non finiti; un vecchio arpicordo e un cembalo vecchio con due tastature. Secondo Costantini «la presenza di un clavicembalo a due tastiere, definito vecchio nel 1717, desta molto interesse perché è ancora da definire l'incidenza della costruzione di clavicembali a due tastiere in Italia, sempre che non si tratti di uno strumento costruito nell'Europa del nord». D'altronde i mercanti messinesi viaggiavano molto ed avevano propri consolati a Genova, nelle Fiandre, a Londra.
Nel 1704 s'impegnò a costruire per Francesco Bonanno, principe di Cattolica (Bagheria) «un cimbalo et organo assieme simile a quello già realizzato per Sua Eccellenza» (forse il vicerè di Sicilia), ma di più non è dato sapere.Carlo Grimaldi visse e svolse la sua opera tra il Seicento ed il Settecento. Era già in piena attività quando a Messina scoppiò la rivolta anti-spagnola nel 1674. È quello un periodo molto vivace dal punto di vista sociale ed artistico: in riva allo Stretto prosperano le arti orafe e le arti decorative, la lavorazione del legno è tra le attività più importanti. Poi viene firmato il trattato di Nimega e Messina subisce la ritorsione dei vecchi padroni, che la spogliarono di tutti i suoi privilegi e di molti dei suoi tesori. E qui cominciò rovinoso il suo declino.

di Marcello Mento

 

Il clavicembalo realizzato nel 1697 ha così grande successo tra i costruttori e i musicisti di oggi, da essere uno degli strumenti più copiati ed ammirati al mondo. 

Non c'è artigiano di strumenti antichi, infatti, che non abbia provato a riprodurre il clavicembalo che il messinese Carlo Grimaldi fabbricò sul finire del Seicento e che oggi viene custodito gelosamente al Museo nazionale di Norimberga, a cui lo donò insieme ad altri strumenti il famoso collezionista tedesco Ulrich Rück. Secondo il musicologo Danilo Costantini, questo è accaduto ed accade, perché lo strumento di Grimaldi è stato «preso a prototipo del cembalo italiano del tardo Seicento, tanto che oggi, nel gergo specialistico, si parla addirittura di un "modello Grimaldi"». 

Per rendersene conto basta navigare in internet dove è possibile visitare i tanti siti di artigiani che si continuano a cimentare nella realizzazione di questo clavicembalo, a testimonianza della fama e dell'interesse crescente che circonda l'arte e la maestria del cembalaro peloritano a distanza di più di tre secoli. Giordano Corsi, nel suo breve saggio sulla Nuova rivista Musicale Italiana del 1981, si spinge più in là sostenendo che «ci troviamo in presenza di un meraviglioso strumento che attesta la genialità di un artista, perfezionatore e creatore di tecniche che lo possono qualificare a giusto titolo come uno Stradivari del clavicembalo». 

Eppure se cercate traccia di Carlo Grimaldi nelle enciclopedie della musica, sia italiane che straniere, il suo nome, se compare, viene trattato in pochissime sbrigative righe.Oltre a quello di Norimberga, di strumenti sicuramente usciti dalle mani del maestro messinese ne esistono ormai soltanto due: quello conservato nel Museo del conservatorio di Musica di Parigi, nei cui confronti non esiste molto interesse a causa della trasformazione subita in fortepiano, ed infine il "cembalo piegatorio" che ricorda quello del francese Jean Marius, che venne chiamato brisè. Una sorta di clavicembalo portatile, smontabile in tre pezzi adatto per le feste rurali o i balli patrizi nei giardini delle ville seicentesche. 

Un pezzo di grande importanza in quanto è l'unico esemplare di tal genere che sia stato costruito da un italiano. Attualmente è custodito nel Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma. Da qualche anno si parla anche di un quarto strumento a lui attribuibile. A sostenerlo è uno studioso, Francesco Nocerino, che farebbe risalire il cembalo in questione addirittura al 1691, ben sei anni prima di quello che si trova in Germania, ma al momento di esso non si conosce nulla di più. 
Ma chi era Carlo Grimaldi? Di dati biografici ne esistono pochi, ma per fortuna e grazie ai ricercatori Danilo Costantini e Luciano Buono questa lacuna è stata parzialmente colmata dal ritrovamento, nell'Archivio di Stato di Messina, del testamento che egli dettò al suo confessore, don Giuseppe Celesti, tre giorni prima di morire. Di lui si sa che nacque a Messina nel 1645 per morirvi, a 72 anni (venne sepolto nella Casa professa della Società di Gesù), nel 1717, e che di mestiere faceva oltre al costruttore di clavicembali, l'organaro e il liutaio. Da dove provenisse la sua famiglia non si sa, anche se il cognome Grimaldi è originario di Genova e come è noto a Messina la colonia genovese era molto folta. Già dal XVI secolo alcuni rami di diverse famiglie nobili genovesi si erano insediati stabilmente nei regni di Napoli e Sicilia. 
Sposato con Francesca Balena (morta a 50 anni l'11 agosto 1708), ebbe tre figli: Paolo, l'unico di cui già si conosceva l'esistenza, che seguì le orme paterne e diventò egli stesso costruttore di organi molto ricercato ed apprezzato; Giuseppe, sacerdote abitante a Roma, e Nunzia, di cui è conosciuta la data del matrimonio celebrato nella chiesa di San Nicola dell'Arcivescovado: 16 maggio 1700. Dal testamento si evince, ancora, che Carlo Grimaldi, pur essendo analfabeta, era piuttosto benestante possedendo una casa, diversi oggetti di valore e 52 quadri di grandezza diversa. E ancora, che la bottega di Grimaldi era molto attrezzata e di una certa grandezza se è vero che aveva quattro banconi e quindi quattro postazioni di lavoro, che gli permettevano di seguire più lavori contemporaneamente.
La prima notizia che abbiamo sull'attività lavorativa di Carlo Grimaldi risale al 1679, anno che lo vede impegnato, riferisce lo studioso Luciano Buono, nella costruzione dell'organo per la chiesa dei SS.Pietro e Paolo di Acireale. Nel 1699, poi, vende un organo alla chiesa di Santa Maria dell'Elemosina a Catania e nel 1715 esegue un bellissimo organo per la chiesa Madre di Novara di Sicilia insieme al figlio Paolo. Commissioni che dimostrano, come sostiene appunto Buono, che «l'attività di costruttore di organi del Grimaldi fu sicuramente almeno paritaria a quella di cembalaro». 
A questo proposito parlano chiaramente il testamento e il relativo inventario dei beni redatto in seguito alla morte del Grimaldi, in cui sono elencati alcuni "scaffi d'organo con vista senza canne", cioè organi privi ancora delle canne di facciata, e "due organi ad ala usati", probabilmente dati in affitto dall'organaro nelle numerose esecuzioni che si svolgevano nelle chiese messinesi sprovviste di strumento o per esecuzioni a più cori.
L'elenco continua con "cinque cimbali diversi non finiti d'ottava stesa"; un tiorbinetto non finito; due arpicordi piccoli non finiti; un vecchio arpicordo e un cembalo vecchio con due tastature. Secondo Costantini «la presenza di un clavicembalo a due tastiere, definito vecchio nel 1717, desta molto interesse perché è ancora da definire l'incidenza della costruzione di clavicembali a due tastiere in Italia, sempre che non si tratti di uno strumento costruito nell'Europa del nord». D'altronde i mercanti messinesi viaggiavano molto ed avevano propri consolati a Genova, nelle Fiandre, a Londra.
Nel 1704 s'impegnò a costruire per Francesco Bonanno, principe di Cattolica (Bagheria) «un cimbalo et organo assieme simile a quello già realizzato per Sua Eccellenza» (forse il vicerè di Sicilia), ma di più non è dato sapere.Carlo Grimaldi visse e svolse la sua opera tra il Seicento ed il Settecento. Era già in piena attività quando a Messina scoppiò la rivolta anti-spagnola nel 1674. È quello un periodo molto vivace dal punto di vista sociale ed artistico: in riva allo Stretto prosperano le arti orafe e le arti decorative, la lavorazione del legno è tra le attività più importanti. Poi viene firmato il trattato di Nimega e Messina subisce la ritorsione dei vecchi padroni, che la spogliarono di tutti i suoi privilegi e di molti dei suoi tesori. E qui cominciò rovinoso il suo declino.

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