Uno stand di mutande. Non ce ne voglia il commerciante in questione, che ha fatto solo il proprio mestiere e non è certo lui il problema, ma è questo, per certi versi, il simbolo del punto di non ritorno che ha toccato quella che ci viene davvero complicato chiamare ancora Fiera Campionaria Internazionale di Messina. La definizione più adatta, forse, è quella che le ha voluto dare l’assessore provinciale Michele Bisignano, “mercatino d’agosto”. Una definizione che non vuole essere sbeffeggiatrice né ingenerosa
nei confronti degli sforzi fatti da chi, come il commissario Fabio D’Amore, ha cercato di metter su qualcosa per non far morire definitivamente la Fiera e passare alla storia come carnefice. Ma di questo si è trattato, di un mercatino. Niente più, niente meno. Chiamarla fiera, chiamarla, peggio ancora, campionaria e aggiungerle pure quell’aggettivo, internazionale, è una presa in giro che i messinesi non meritano.
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