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Nuova tegola
sulla rinascita

Purtroppo, raccontando di quei 50.000 metri quadrati di demanio in cui, lungo via San Raineri, sorge la più imponente fortificazione siciliana in riva al mare, dobbiamo registrare nuovi guai. Come nella peggiore tradizione dei nostri appalti pubblici. Ma facciamo un passo indietro Era il febbraio del lontano 2006 quando le imprese associate Macko e Rotella aprirono il cantiere, diretto dalla società Cooprogetti, con l’obiettivo di rimuovere e smaltire strati di terra inquinata de reflui petroliferi e metalli pesanti, per
una profondità fino a quattro metri. Fu, purtroppo è ancora, il folle sacrificio trentennale alla vicina degassifica Smeb, ma anche una miriade di piccole imprese, meccanici e lattonieri spesso abusivi delle fortificazioni realizzate a partire nel 600 dall’architetto Carlos Von Grunembergh. Nel 2006, dunque, si profilava un cammino felice: 6 mesi per la bonifica e poi via libera ai progetti della Soprintendenza.
Dapprima i lavori si impantarono per ogni sorta di imprevisti (dozzine di ordigni bellici, discariche sotterranee di oli tossici, modifica delle normative sulla classificazione dei rifiuti speciali) e poi finirono i soldi, o almeno il quadro economico dell’appalto, circa un milione e
settecentomila euro, risultò insufficiente. Di recente, però, sembrava che il Comune stesse venendo fuori dalla palude, grazie a una variante da 1 milione e trecentomila euro, articolata in due distinte e compatibili destinazioni per le montagne di terra velenosa campeggiano tra i bastioni e le mura: una parte da smaltire in discarica e l’altra da utilizzare in lavori d’abbancamento nella stessa zona portuale, come la legge permette.

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