Hanno tutti risposto alle domande del magistrato tranne Antonino Calderone, Salvatore Campanino ed Agostino Campisi che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Domani saranno sentite per rogatoria le altre cinque persone arrestate che sono rinchiuse in diversi penitenziari italiani.
L’operazione Gotha 3 ha scritto una pagina di storia della mafia messinese. L’inchiesta ha acclarato ciò che altre operazioni avevano già posto in evidenza.. Cosa Nostra barcellonese da tempo gode di rispetto e considerazione da parte delle consorelle palermitana e catanese. La parola d’ordine però per anni è stata: fare di Messina una zona franca per distogliere l’attenzione dello Stato ed evitarne la militarizzazione. Così le cosche locali, in stretto rapporto con le famiglie mafiose di Palermo e Catania, hanno potuto agire indisturbati, truccando appalti pubblici, compiendo estorsioni a tappeto e inviando nel messinese i loro più pericolosi latitanti. E’ il caso di Gaspare Pulizzi, uomo di fiducia del boss palermitano Salvatore Lo Piccolo che si è nascosto in un appartamento di Capo d’Orlando, protetto dall’imprenditore Giovanni Bontempo figlio di un noto ristoratore della zona. Ma l’elemento epocale dell’inchiesta Gotha 3 è l’arresto dell’avvocato 60enne Rosario Pio Cattafi. Attenzionato fin dai primi anni 70 e coinvolto in numerose inchieste, perfino in quella per la strage di Capaci e per un traffico internazionale di armi, è sempre stato assolto o la sua posizione archiviata. Ma adesso ci sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno squarciato il velo di silenzio e di omertà che per decenni ha protetto le alte sfere della mafia barcellonese. E così a Carmelo Bisognano, Santo Gullo ed Alfio Castro si sono aggiunti ora i catanesi, ex uomini d’onore del clan Santapaola, Umberto Di Fazio ed Eugenio Sturiale che hanno tratteggiato la figura di un boss di prima grandezza. Secondo i due pentiti in un incontro avvenuto a Catania Cattafi trattava alla pari con Nitto Santapaola ricevendo in cambio rispetto e considerazione. E nell’elenco di 15 arrestati, fra capi, padrini, gregari ci sono anche figure come quella del bancario messinese Sergio D’Argenio, 52 anni, funzionario della filiale di Messina della Banca Popolare di Lodi. D’Argenio è accusato di estorsione perché avrebbe ottenuto due microcar, denaro e perfino tonno ed ostriche da un imprenditore in cambio di un parere favorevole per promuovere alcune pratiche di finanziamento.