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15 arresti e 15 mln di beni sequestrati

Eseguito un provvedimento di sequestro beni per un valore di oltre 15 milioni di euro riconducibile agli indagati. Al centro delle indagini l'attività estortiva nel settore imprenditoriale e le infiltrazioni negli appalti pubblici del messinese della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, da anni principale riferimento nella provincia per cosa nostra palermitana e catanese.

Le persone alle quali i carabinieri hanno notificato stamani le ordinaze di custodia cautelare sono l'imprenditore Giovanni Bontempo, 35 anni, il boss Tindaro Calabrese, 39 anni, Antonino Calderone, 37 anni, Salvatore Campanino, 48 anni, Agostino Campisi, 51 anni, l'avvocato Rosario Pio Cattafi, il funzionario di banca Sergio D'Argerio, 52 anni, il boss Carmelo Giambò, 41 anni, il boss Giuseppe Isgrò, 47 anni, Giusi Lina Perdichizzi, 37 anni, il boss Giovanni Rao, 51 anni, Roberto Ravidà, 57 anni, Giuseppe Ruggeri, 47 anni, Carmelo Trifirò, 40 anni e Giuseppe Triolo, 36 anni. A Calabrese, Trifirò, Campisi, Giambò e Isgrò il provvedimento è stato notificato in carcere. Sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, omicidio ed estorsione.
L'operazione antimafia nel corso della quale sono state eseguite 15 ordinanze e sequestrati 15 milioni di euro da parte dei carabinieri, denominata in codice "Gotha III", ha permesso di scoprire i collegamenti tra i clan palermitani, catanesi e messinesi per dividersi gli appalti e coprire la latitanza di alcuni esponenti mafiosi. Coinvolto nell'operazione anche l'avvocato Rosario Pio Cattafi, già accusato da vari collaboratori di giustizia di avere un ruolo di spicco in Cosa Nostra e di essere il collettore dei proventi illeciti del clan. Gli investigatori hanno anche ricostruito le dinamiche interne al clan di Barcellona Pozzo di Gotto dopo la cattura dei boss Bernardo Provenzano e Salvatore e Sandro Lo Piccolo. In particolare Salvatore Lo Piccolo aveva inserito come nuovo riferimento delle cosche palermitane Tindaro Calabrese, boss della famiglia dei Mazzarroti, per la zona di Messina, e Salvatore Santapaola per quella di Catania. In un pizzino ritrovato a Lo Piccolo si parlava proprio di Calabrese come punto di riferimento per appalti e latitanze. Questi equilibri incontrarono tuttavia l'ostilità di altri clan sfociata nel 2007 nell'omicidio di Angelo Santapaola. Un progetto per uccidere anche Calabrese non fu portato a termine perché quest'ultimo fu arrestato.

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